Diary for EUTIKIA ... festina lente


Arrivati a Città del Capo: da Mossel Bay a Table Bay, 22-23 febbraio 2017.

2017-03-02

~~Arriviamo a superare Green Point, l’ultimo capo, prima di entrare a Table Bay che la gialla palla del sole resta sospesa su un orizzonte ramoso, insolitamente placido.
Mi riesce difficile non pensare alle tante letture, alle tante avventure, alle scoperte, ai traffici, ai mille approdi in questa mitica baia. Certamente in altri tempi, altre incertezze, altro navigare, ma sicuramente nelle emozioni ancora nulla è cambiato nell’uomo.
Eravamo partiti di buon mattino, come sempre, da Mossel Bay salutando il faro di Capo St.Blaize, il dominatore della bella baia. Avremo un bel ricordo di questa curiosa cittadina, micro estratto della composita realtà di questo Paese.
Quando esci per affrontare le tratte lungo questa costa e conti le barche, se ce n’erano prima alla fonda che l’hanno pensata come te, ti fai subito un’idea sulla bontà della tua scelta. Non volendo farmi comunque coinvolgere nella ben nota teoria del gregge, ho verificato che ben altre sei barche erano con noi. La ragione è molto semplice: questa è una tratta decisiva, si passa dall’Oceano Indiano all’Atlantico del Sud e deve esser ben ponderata.
Sono circa 310 miglia da percorrere alla svelta, nelle condizioni migliori possibili e tenendo d’occhio l’evolversi del tempo, prima, sotto Capo Agulhas, estremo Sud dell’ Africa, e. poi, sotto il Capo di Buona Speranza, e il nome, dato dai portoghesi, dice tutto.
La giornata è stupenda. Un bel sole ci accompagna al tramonto. Vento, quello giusto, prima al gran lasco e poi, calando in poppa. Rallentiamo di molto, da 7 nodi passiamo a 5.
Del Capo Agulhas vediamo solo il faro. E’ potentissimo, 30 miglia di luce bianca, confidente. Passiamo ben fuori, oltre le 12 miglia per evitare secche e bassi fondi che alzerebbero l’onnipresente sweel. A mezzanotte siamo al traverso e un’ora dopo, Eva, che è all’esterno, ci chiama: stanno cambiando mura per risalire. Esattamente quello che stavamo facendo noi.  Rientriamo in Atlantico, finalmente. Lasciamo molto volentieri e senza rimpianti, l’Indiano di poppa. Con il primo mattino, un po’ a vela un po’ a motore, arriviamo in vista del Capo di Buona Speranza, che qui chiamano, semplicemente senza poesia e fantasia, Cape Point.
Fuori la macchina fotografica e anche queste immagini entrano nella storia dei nostri ricordi. Non è come doppiare Capo Horn, decisamente più a Sud, ma l’evento merita davvero qualche istante di felice soddisfazione. Siamo stati fortunati e le previsioni anconetane hanno trovato perfetto riscontro. Grazie Maurizio !
Non per dire, ma due giorni prima qui c’erano  30 nodi e dentro False Bay, a Simon’s Town, dove avevamo ipotizzato di fermarci in un primo momento per accorciare, un bel colpo di vento a 40 nodi e oltre. Due barche, che erano con noi a Mossel Bay e partite due giorni prima, si sono trovate in grosse difficoltà e sono state aiutate a trovar ridosso dai servizi marittimi locali, sempre molto attenti e professionali.
Passato il Capo, ormai con il sole verso ponente, siamo stati incrociati dalla flotta dei pescherecci in uscita dalle baie della costa e diretti, di gran corsa, verso i bassi fondi di Agulhas, pescosissimi. Fosse successo di notte sarebbe stato da impazzire, ne ho contati più di cinquanta, tutti in contro rotta.
Passato Green Point, come detto, non restava che avvisare la torre di controllo e, in successione,  gli operatori dei due swing bridges da superare per entrare nel chiuso bacino del Waterfront Victor&Albert Marina.
Le vetrate dei palazzi di Cape Town brillavano, rifrangendo luci scintillanti e dorate, mentre un velo violaceo impastava le montagne, a corona della Table Mountain. Chiamo sul VHF Eva per una foto ricordo di Eutikia e scende la notte, piena di stelle.
Dal Port Control rispondono con l’indifferenza più assoluta “ Avete il permesso “e chiude.
Dallo swing bridge, invece, mi rispondono con delle indicazioni per noi assolutamente incomprensibili. Sono sicuramente scurotti e il loro inglese è fortemente dialettale.
Marina a prua cerca di capirci qualche cosa. Siamo in un canale chiuso e davanti un nastro orizzontale di luci cangianti colore, come alle giostre: è il primo ponte. Però non si alza o, meglio, non si gira. Restiamo con il fiato sospeso e immobili. Il VHF gracchia, capisco solo “…for you ! “ e il ponte, cangiando in verde, si apre lentamente. Mi avvio e dalle sponde la gente ci osserva e ci fotografa. Con il secondo ponte, stessa storia.
Questo però deve aprirsi a metà ed alzarsi . Ancora dal VHF mi par di capire che devo aspettare. Siamo imbottigliati. Poi finalmente si apre, ringrazio e passo, capisco solo “…Itsaplagiar, ser” …e siamo a Cape Town.
Il giorno dopo Eva ci invita per un drink, con un’altra coppia di francesi, anche loro amelisti. Jean Luc apre lo champagne, mentre l’ultimo sole indora Table Mountain, e Vera con un gran sorriso “ WE DID ! “.
Con la prossima un giro per Città del Capo.