Diary for EUTIKIA ... festina lente


Cape Town 25 febbraio -15 marzo 2017.

2017-03-20

~~Table Mountain
Dal secondo piano del rosso bus della CitySightseeing Tours ci gustiamo, sotto un bel sole, il primo contatto con Cape Town. Sfilano i grattacieli, del tutto anonimi, la piazza con la statua di Diaz e quella dedicata a  Van Riebeeck,  primo olandese a sbarcare in questa baia nel 1651. In centro ci sono ancora palazzine del sei, settecento, ben incastonate, si fa per dire,  tra le verticali pareti delle architetture anni ’80. Il bus ora si inerpica tra giardini e lussuose ville verso le pendici della Tavola. La salita in teleferica sulla sua sommità è, guida alla mano, la prima cosa da vedere. Ci mettiamo in fila e, mentre leggo su un cartello che è alta 1086 metri, sento alle mie spalle voci note. Sono Don del Petoja e Marcello, un milanese che sta girando in solitario. Ma guarda il caso, ci eravamo visti l’ultima volta a Mossel Bay ed erano partiti due giorni prima di noi. Entrati a Simons Town si erano beccati 40 nodi e passa! Ci facciamo quattro belle risate e saliamo in compagnia. Raggiunta la sommità in pochi minuti, l’affaccio dal dirupo, a strapiombo sulle pendici della baia, è assolutamente strepitoso. La giornata è quella giusta. Spesso ci sono nuvole oppure troppo vento, ma oggi la visibilità è perfetta. Facciamo quattro passi e ci spostiamo su diversi orizzonti: la Tavola domina la costa e tutta la baia verso nord, le vallate verso sud, sino a Cape Point ( a proposito faccio ammenda: in un primo momento avevo confuso questo Capo con quello di Buona Speranza, sono a poche centinaia di metri, ma sono due Capi diversi). Foto di rito e torniamo al nostro bus e poi in barca, con in tasca la colonna sonora del giro, musica sudafricana un allegro mix tra nuovi arrangiamenti e tradizione, peccato non si possa inserire anche l’audio.
Le vigne del Capo
Di buon mattino siamo già in macchina. Destinazione vino, o meglio i vigneti del Capo. Piove, fa freddo, e le basse nuvole ci rubano il panorama verso i monti e le valli. Tutto grigio. In entrata, cinque corsie, il traffico è completamente intasato oltre 25 chilometri di code. Noi, in uscita, vediamo un’interrotta fascia di luci accese, ferme. Il meccanico Yanmar mi ha detto che tutte le mattine è così. Da noi ci sarebbe la rivoluzione! A fine giornata, si ripete all’inverso. Marina, con il tablet e il puntino azzurro della nostra macchina, cerca l’uscita buona per La Villiera, la prima vigna sulla via. Pare producano il miglior Method Cap Classique, un brut champenoise. Mentre il cielo s’apre, ci infiliamo in un lungo viale alberato, oltre solo vigneti a perdita d’occhio. E pensare che queste vigne sono le discendenti delle prime importate dagli Ugonotti in fuga dalla Francia alla fine del ‘600. Ma ne riparleremo anche oltre. Accanto al parcheggio un’ampia vetrata s’apre tra architetture country, ma di recente disegno. Ti aspetteresti qualcosa di più caldo, è proprio il caso di dirlo, e rustico d’epoca. Confido nel contenuto. Come entriamo una cortese signorina è già pronta con lista e bicchieri in mano per iniziare la degustazione nella tasting room. Sono le nove del mattino, non siamo i primi, e di bere come vedo fan loro, anche solo qualche goccia, non mi va proprio. Anche perché se inizio ora, come andrà a finire il resto della giornata? “ Buon giorno, sono Alessandro “ la ragazza si è trasformata in un attimo in un giovanotto dal perfetto dialetto pugliese. “…e che ci fai qui ?” gli chiedo, assai curioso e finalmente libero dall’idioma inglese. Da buon meridionale ha la parlantina facile e simpatica. E’proprio in gamba. Laureato in agraria a Foggia, è qui come enologo, impara la lingua e campa assai soddisfatto. Poi andrà a prestar servizio presso un’altra vigna che la proprietà ha pure in Francia. E mentre ci racconta e parla, lo seguiamo in una visita, tutta speciale, esclusiva, come si dice, agli impianti. Ci fa vedere dove e come le bottiglie vengono girate, qualche grado al giorno, per quattro anni. Naturalmente non possiamo sottrarci, ora sì, a qualche assaggio. Poi seguiamo l’intero percorso dell’uva sino alla spremitura e alle fasi successive. Tutto davvero molto istruttivo. Un caro saluto e con sottobraccio uno scatolone di MCC brut riprendiamo la via.
Entriamo a Stellenboch, meta turistica per avvinazzati e non,  mentre il cielo, ormai terso, ritaglia nel blu, come figurine, le facciate delle case storiche di questa cittadina ricca di storia e non solo.  Il custode, ministro della chiesa olandese riformista, di Mogemeenteeder , ( Madre Chiesa in Afrikaans)   ci da il benvenuto e ci propone, vista la nostra curiosità, alcuni documenti sulla storia dei primi arrivi dall’ Olanda e delle prime fondamenta del 1735.  Ci suggerisce poi di visitare il centro storico di Stellenboch  e il museo a  Franschhoek , pochi chilometri oltre. In effetti nel minuscolo centro, sono riusciti a ben accomodare case d’epoca con arredi e corredi autentici, ben disposti con gusto,  dando la suggestiva impressione di un salto a ritroso nel tempo. E’ ora di proseguire, e lasciamo  frotte di turisti a curiosare tra le vetrine, qua e là.
Sulla via per Franschhoek, che tradotto vuol dire l’angolo dei francesi, ci fermiamo alla vigna di La Motte. Ci avevano detto che era da non perdere, ma la realtà ha superato ogni aspettativa. Il cuore dell’ azienda è al centro di una splendida vallata: i filari si perdono in verdi distese, in perfetta armonia con la cornice delle montagne che sfumano bluastre tra i vapori del meriggio. Scendiamo dalla macchina e , prima d’entrare, ci godiamo lo spettacolo che la natura offre e che l’uomo, una volta tanto, ha saputo valorizzare. Tutto è ben ordinato, curato nei dettagli, gli ambienti aperti al verde ben si  articolano all’ombra di alti e frondosi arbusti. Alla famiglia, proprietaria, non manca certo la predisposizione culturale. Una componente è stata mezzo soprano con incisioni EMI e negli accoglienti locali si tengono pure, con regolarità, concerti classici. Ma non basta. Una vasta sala raccoglie una selezione di quadri di J.H.Pierneef: straordinarie vedute d’Africa anni 20, 30.  Come se al Montello qualche azienda vinicola avesse anche solo una piccola raccolta di Gino Rossi o di Nino Springolo. Magari! Ma qui c’è molto da imparare per i nostri produttori. Con un cartone di profumato Shiraz nel bagagliaio, ripartiamo per  Franschhoek. Pochi minuti e ci siamo. Piccolo, tranquillo e ben ordinato, il villaggio fa bella mostra di sé lungo la breve via maestra. Case d’epoca, chiesette, aiuole in fiore, e degustazioni di vino un po’ ovunque. Noi tiriamo dritti verso il museo. Se vi interessa la storia degli Ugonotti, ma non credo, qui c’è di tutto e di più. Una curiosità: si sono tenuti i registri di tutti gli arrivi, sin dal primo, un certo A. Suzanne dalla Picardie, nel 1690. Si è fatto tardi e rientriamo, solo dopo, però, un’altra sosta del tutto disinteressata ad una cantina di cui avevamo apprezzato il sauvignon. Ora proviamo il loro chenin classic, niente male. E un terzo cartone si aggiunge in bagagliaio.
Con la prossima, gita al Capo di Buona Speranza, questa volta da terra ;-)) e una sorpresa veneziana ! Da non perdere.....e naturalmente qualche nota sul passaggio verso Sant' Elena. Partenza rinviata verso  fine settimana.