Diary for EUTIKIA ... festina lente


Verso Trinidad 14-18 maggio 2017

2017-05-19

Due storie di mare. 

Un’ora di notte con noi in pozzetto.

 Di nuovo Equatore

Lasciamo le cime del marina sul pontile alle 7.30 precise. Erano servite per assicurare prua e poppa ai corpi morti per contrastare la violenta corrente di marea nel fiume. Con la stanca la manovra è più semplice e filiamo via. Ciao Jacare. Siamo stati bene, ci siamo riposati, cibo fresco, nuove conoscenze, unico neo il raffreddore che ci siamo presi negli uffici improbabili dell’Immigration. Tra un caipirinha e l’altro ci sono almeno due storie di giramondo da ricordare. La prima è quella dell’olandese volante, dal nome impossibile, ormeggiato accanto a noi. Parte con la regata attorno al mondo per solitari con un monoscafo che a vederlo sembra una camera di tortura, più che una barca a vela. Solo a stare seduti in pozzetto è un problema, ginocchia in bocca, per entrare è come passare sotto le forche caudine, timone a barra, naturalmente e così via. Gli domando che ci fa qua. Con lo sguardo arguto e assai sveglio mi dice che l’ha passata bella. A metà Atlantico in discesa verso il Sud Africa, scopre di avere una piccola ferita allo stinco. In pochi giorni  fa infezione. Lo assistono per radio, prende farmaci, sembra che migliori, ma poco dopo i dolori testimoniano la presenza di qualcosa di grave. Decide di ritirarsi e di fermarsi a Jacare. Come arriva fila dritto in ospedale. Il medico che lo opera gli dice poi che ha rischiato l’amputazione ! Ora è assai felice per averla scampata e con la compagna tornerà a casa, anche se vedendo Eutikia, mi ha detto, che  è la barca dei suoi sogni. Gli credo. Incontro Ugo in una cameretta dal marina, ove è più semplice collegarsi a internet. Accanto, la moglie, una simpatica moretta pettinata a maschietto. Lui scrive per la più importante rivista di vela francese, lei monta filmati che poi vende. Campano con mille euro al mese…senza andare al ristorante, aggiunge, naturalmente ! Il bello è che sono appena tornati dopo un anno di permanenza, compreso l’inverno, in Patagonia. Hanno una barca di ferro di qualcosa meno di 12 metri, con gli interni completamente rivestiti di polistirolo, e una buona stufa per togliere la condensa. Non oso pensare. Mi dice che sono stati benissimo e gli credo, noi no, grazie. Quando ci salutiamo mi dice che partiranno, forse in tre, per tornare diretti in Francia e lavorare quanto basta. Risaliranno sino alle Azzorre, almeno 40 giorni di oceano: la cosa che più lo fa pensare e che spera di non dover chiudere, per via degli spruzzi, il passa uomo di prua. Non ne dubito, sarebbe come star chiusi in una scatola di sardine. Due storie, non proprio qualunque, tra le tante.

Bene. E ora un invito a stare con noi in pozzetto per un’oretta durante un turno di guardia. Ma cosa fanno tutta la notte, qualcuno si domanderà, eccolo accontentato. E’ mezzanotte, una qualunque, di una notte qualunque in mezzo all’oceano ( un po’ troppi qualunque, ma ci può stare), cerco di lavarmi il viso con l’acqua gelata da frigo. Marina ha finito il primo turno di tre ore, ora tocca a me. Su tre ore ne avrò dormite, se tutto va bene, forse due. Ci passiamo le ultime informazioni, uno sguardo attento al radar e alla rotta. Per ora poco vento e mare tranquillo. Un’aggiustatina alle vele e via. Mentre Marina cerca la posizione più comoda, torno al radar. La nuvolosità è  bassa e a grumi densi di pioggia, ma per ora vincono le stelle. Il fatto è che questi grumi sul radar possono nascondere navi in contro rotta o, peggio, piccoli cargo locali senza AIS: Già successo. Tra qualche minuto dovrebbe arrivare un bel piovasco. Il cumolo, alto e cinereo incombe sulla destra, la luna, già un po’ rosicchiata, ne illumina gli alti merli. Il vento gira da poppa verso il fianco e rinforza. Ho solo la randa e la mezzana, motore al minimo. Avevamo poca aria e Trinidad ci aspetta, meglio non indugiare con i refoli. Ora invece faccio 8.5 nodi, grazie anche alla corrente. Osservo la chiazza sul radar e il relativo nuvolone tra le stelle, pare ci sfili a prua. Meglio così. Mi accomodo sulla panchetta accanto alla mezzana, schiena verso fuori e piedi puntati sul winch della randa. Stabile e rilassato. Accendo il piccolo lettore di musica e cerco qualcosa. A dir il vero ho già in mente cosa, il Miserere di Allegri. Un coro d’angeli. Se volete gustarvi qualche mistero speciale che la natura ha sempre in serbo per noi, questa è una delle colonne sonore che vi suggerisco. Un salto su YouTube, scrivete Allegri, Miserere, e quel coro di voci femminili non lo scorderete più. Naturalmente non sempre il contemplativo aiuta a vincere il sonno. Ci vuol dell’altro. E allora ecco pronte alcune raccolte  anni 60, 70 con il meglio della pop, rock americana e della nostrana italietta, dai Beatles a Edoardo Vianello. Mi alzo e cerco di muovere qualche passo di danza tra una rollatina e l’altra. Guardo l’ora e il display della carica delle batterie. Bene c’è tempo, ancora due orette prima di accendere il generatore. Scendo al carteggio, prendo il libro di bordo e annoto i dati di navigazione essenziali. Lo sfoglio, quante pagine, quante miglia, quanti posti: tutto passa come un flash in retro moviola…meglio guardare al prossimo miglio .

Che sta passando proprio sopra l’Equatore. E’la quarta volta per Eutikia. La prima quando scendemmo da Panama verso le Galapagos, poi lungo l’arcipelago indonesiano, verso la Thailandia e poi di nuovo in discesa verso l’Indiano, e per finire questa , di notte sotto un bel  acquazzone con luna e stelle. Sono le 5 e 40 e 12 secondi del 18 maggio 2017…potrete dire di averlo passato con noi !...e qualcuno che ci segue dalla torre, più di altri …