Diary for EUTIKIA ... festina lente


Trinidad 25 maggio 2017. ARRIVATI !!!...e completato il giro!

2017-05-29

Per la prima volta, da quando iniziai a scrivere i miei resoconti su questo diario di viaggio,

mi trovo in difficoltà nell’esprimere quello che mi passa, ci passa, per la mente dopo esser approdati qui, a Trinidad, di nuovo dunque, nei Caraibi.

 Per certo possiamo affermare, ma ancora non ne abbiamo chiara consapevolezza, di aver completato il nostro giro del mondo a vela con Eutikia. Anche chi non ci abbia seguito in questi anni, ma che comunque con la vela abbia un rapporto di forte passione, può ben immaginare il particolare nostro stato d’animo, il vissuto emotivo di questi momenti. Sull’argomento mi piacerebbe ritornare, ma per ora anche la conclusione di questa ultima tratta da Jacare, Brasile, a Trinidad, merita alcune righe per condividerne l’emozionante e del tutto particolare esperienza di navigazione.

Bene, ci eravamo lasciati mentre Eutikia stava lasciando l’emisfero sud , la Croce del Sud, per rivedere il nostro cielo stellato, la nostra Polare. E qui sono iniziati problemi di inattesa dimensione e tipologia. La navigazione, prima tutto sommato tranquilla, salvo la necessità di far camminare svelta la barca con venti leggeri e di ben monitorare l’intenso traffico marittimo, è diventata assai pesante entrando nella fascia di convergenza intertropicale

 (ITCZ). Sulle mappe meteo appare come un biscione che collega le coste africane con il sud America. La sua configurazione, e qui sta il busillis, muta giornalmente e quindi assai difficile prevederne la collocazione e l’intensità. Sta di fatto che bisogna, prima o poi, attraversarla da sud verso nord e prendere quello che capita, confidando nella buona stella. Ho l’impressione che a noi sia andata abbastanza bene, nel senso che poteva andare molto peggio.

Convergenza significa, semplificando, vaste aree di dense nubi, basse, cariche di pioggia e di elettricità. Per fortuna non abbiamo avuto, se non marginali, fenomeni temporaleschi. Personalmente ho un vero terrore d’esser colpito direttamente da un fulmine in queste situazioni, in pieno oceano. Le conseguenze potrebbero esser catastrofiche, non solo fisicamente per noi, ma in particolare per la sicurezza stessa della barca e quindi nostra. Se sei molto fortunato tutto l’impianto elettrico e l’elettronica vanno fuori servizio, nel peggiore dei casi il fulmine può danneggiare lo scafo cercando la via più breve per scaricarsi in mare. Anni fa a Santa Maria di Leuca vidi rientrare di corsa un francese. Un fulmine aveva centrato la barca e si era trovato la via attraverso il cavetto del sensore velocità. Lo strumento, di dura plastica, passa attraverso lo scafo e si era liquefatto al calore aprendo una pericolosa via d’acqua.

Se non bastasse il cielo, ci si mette anche il mare. Lo swell oceanico, come sempre, arriva ovunque. In questa tratta è al traverso, per poi girare verso poppavia.  Non è pericoloso, anche se le onde di oltre 2 metri arrivano con un periodo abbastanza corto, ma molto, molto fastidioso e, alla lunga, ti sfianca fisicamente a causa delle continue rollate. L’effetto poi sulle vele è micidiale. Non stanno mai a segno, anche perché il vento, raramente sopra i 15 nodi, non esercitava un’adeguata pressione, sempre in poppa piena o al gran lasco, troppo lasco. Per far camminare la barca dovevamo spesso giocare su qualche grado di differenza, complicandoci la vita, soprattutto durante i turni. Il perché è nascosto in una semplice parola: sonno! Semplicemente riposare con le vele che sbattono e il continuo trambusto, diventa un…sogno! Si dorme solo perché si crolla per la stanchezza. Per vedere il bicchiere mezzo pieno, per fortuna, ci pensa la corrente, sempre, o quasi sempre, a favore. Vedi, con vero piacere, la velocità crescere sugli strumenti ed il morale ne trae beneficio.

Questa la situazione vista dal basso, miglio dopo miglio per 1900 miglia circa, ma c’è chi il tutto vede dall’alto: Maurizio. Tutti i giorni, più volte al giorno, abbiamo ricevuto le sue mail via satellite Iridium Go. Previsione del vento, della posizione e della traiettoria dell’ITCZ, delle Tropical Waves, immagini con la posizione di Eutikia sotto le nubi, i wpt per centrare al meglio il flusso della corrente, insomma di tutto di più per agevolare il nostro progredire. Ma soprattutto il piacere di avere parole e battute che ti fanno un’ enorme compagnia.

Questa modalità di ricevere a bordo informazioni meteo è davvero straordinaria, impensabile solo pochi anni fa: l’utilizzo di contenuti di analisi e di previsione, elaborati e descritti, con gran qualità, diventa un valore aggiunto davvero molto prezioso.

Ma non è finita. C’è pure un bel traffico marittimo in rotta da e verso il sud America. Ben condito dalla presenza di numerosi pescherecci. Di giorno, salvo i giorni del diluvio con visibilità ridotta a zero per ore, avvistare le navi non è un grosso problema, anche perché il loro segnale AIS arriva a bordo, di solito, abbastanza chiaro. Localizzate virtualmente, le seguiamo poi sul display o a vista, se a distanza ravvicinata. Di notte le cose si complicano, soprattutto con i pescherecci che, lungo queste coste a differenza del Sud Africa, non hanno l’AIS, e sono relativamente piccoli e quindi difficili da individuare sul radar durante i piovaschi.

In mezzo a tutto questo trambusto, ora dopo ora, giorno e notte, ci siamo noi. La vita a bordo non è nulla di speciale, tranne il fatto che bisogna dormire qualche ora a turno. Di solito chi naviga in coppia addotta il turno di guardia di tre ore, noi abbiamo trovato un compromesso: il primo di tre ore, poi i seguenti accorciati in base alla stanchezza e alle situazioni contingenti ( avvistamenti, rovesci e colpi di vento, ecc). Marina per rimanere sveglia legge molto con il Kindle, non so come faccia io crollerei dopo tre righe. Poi guarda le stelle, quando ci sono, e scruta l’orizzonte con il radar. Controlla il livello di carica delle batterie, aggiusta le vele e il timone automatico. Naturalmente il tutto ben condito con buona musica dal suo IPOD. Soprattutto di notte,quello che più mi fa innervosire è l’ estrema variabilità del vento per intensità e per direzione. Poiché è quasi sempre troppo poco per dare un assetto stabile alla rotta, devi continuamente andarlo a cercare con qualche grado all’orza e poi ripoggiare appena rinforza quello che basta. Di notte gli occhi sono incollati, per ore, sulla luce rossa degli strumenti a tal punto che ne resti ipnotizzato. E così per distrarre lo sguardo ci siamo fatti l’occhio nell’osservare, anche al buio, le code del Leon che sventola a poppa. Se sono dritte la barca va.

A bordo abbiamo, quasi dimenticavo, due, aggiunti e stabili, componenti l’equipaggio:

lo Yanmar e GenGen, il nostro generatore. Durante tutta la stagione, che ci ha portato da Richard Bay a Trinidad per oltre 6.600 miglia, non ci hanno dato problemi durante la navigazione. Un po’ di fortuna ci vuole sempre.

Ora è tempo di fare un po’ d’ordine a bordo, di pulire, rassettare e preparare la barca per l’alaggio. Eutikia resterà a terra per sei mesi e dovremo sistemarla per bene e con questo caldo, mentre continua a piovere, è un lavoraccio. Ma ci risentiamo prima del rientro con un report su questa Trinidad e la sua gente, il tutto piuttosto intrigante